Teatro

'Perchè Brecht'... la domanda è anche la risposta!

'Perchè Brecht'... la domanda è anche la risposta!

Si è avolto oggi pomeriggio presso La Casa del Teatro di L'Aquila, il dibattito dal titolo "Perchè Brecht", incontro che rientra nell'evento "Brecht. Visioni e riflessioni", di cui fa parte anche la mostra di arte contemporanea "L'eccezione e la regola. Visioni contemporanee sull'opera di Bertolt Brecht" organizzata dal Mu.Sp.A.C.- Museo Sperimentale di Arte Contemporanea del capoluogo abruzzese.

Il convegno "Perchè Brecht" è stato un modo per parlare del celebre drammaturgo tedesco. Non si cercava una risposta all'apparente domanda. Il titolo di per se è ambiguo. Pare una affermazione in quanto manca del punto interrogativo finale. Ma al contempo sembra una domanda per il fatto che è introdotta dall'avverbio "perchè".

Ferdinando Taviani, storico del teatro, introducendo il dibattito, ha fatto riferimento a un altro incontro di studiosi ed artisti connessi con l'arte teatrale che aveva lo stesso oggetto e un titolo simile. Si tratta di "Brechet. Perchè?", un convegno del 1970 a Firenze e che ha visto coinvolti personaggi del calibro di Strehler e Durrenmatt, rispettivamente regista e autore di teatro brechtiano. Allora la questione era posta in termini di domanda e si cercava di dare una risposta,... sebbene Durrenmatt sostenesse che oramai il celebre autore tedesco era diventato un classico e stava perdendo, perciò la sua efficacia.
In effetti, è stato proprio a cavallo degli anni '60 e '70 che Brecht ha avuto il suo apice di successo in Italia e pertanto era riallestito ovunque, come fosse un "classico". Forse per l'enorme successo europeo dei Berliner Ensemble, i cui spettacoli brechtiani rimangono insuperati.
Nonostante tutto, sostiene Taviani, nessuno si sognerebbe di dare una risposta alla domanda "Perchè Brecht". Però, dice lo storico, oggi siamo ancora qui a chiedercelo.

Il riferimento che è stato fatto alle pièces di Bertolt Brecht (opere che hanno come tema principale il capitalismo ed i suoi effetti) ha visto come protagonista "Santa Giovanna dei macelli", pièce di cui hanno parlato Luca Zenobi, ricercatore di Letteratura tedesca presso l'Università degli Studi dell'Aquila e Alberto Grilli, regista del Teatro Due Mondi di Faenza (RA).
La pièce, scritta da Brecht parodiando i classici, a cominciare da "La pulzella d'Orleans" di Schiller, e che a differenza della realtà storica non vede la fine sul rogo di Giovanna, ma la sua morte in battaglia, è stata allestita per la prima volta solo 28 anni dopo la composizione. A farlo, dice Zenobi, è stato Gustav Grundgens, regista famoso per i suoi compromessi col regime nazista. La pièce vede la contrapposizone tra chi sta in alto e chi sta in basso e, come rivela Zenobi traducendo in istantanea un passo in tedesco scritto da Brecht, il dramma deve rappresentare l'ansia di conoscenza dellì'odierno uomo faustiano.

Dal canto suo Alberto Grilli, presentando il suo Teatro Due Mondi (compagnia teatrale di Faenza, RA), racconta che loro si ritengono anomali in quanto hanno fatto un gruppo teatrale quando nessuno più lo faceva, si sono dati al teatro di strada quando nessuno (o quasi) più lo faceva e hanno cominciato a parlare di Brecht quando nessuno più lo faceva. Poi rivela che loro del Teatro Due Mondi non hanno costruito gli spettacoli a partire dal teatro di Brecht, ma al contrario, dopo aver fatto delle cose, hanno trovato dei riscontri nell'opera brechtiana e quindi si sono avvicinati al drammaturgo tedesco. Prima di "Santa Giovanna dei macelli" hanno messo in scena "Il cerchio di gesso del Caucaso", sempre di Brecht; ma persino quando hanno allestito "Cuore" di De Amicis, rivela il regista, c'erano degli elementi brechtiani.

Il punto della situazione, a mo' di conclusione è stato eviscerato da Taviani, il quale ha detto che Brecht ha scritto un teatro così particolare, <<fatto al rovescio>>, non aristotelico, cioè il contrario delle regole teatrali (un po' come Grotowski, il Living Theatre o l'Odin Teatret, dice Taviani) e con molti personaggi, perchè stava in esilio ed era consapevole di non poterlo allestire. E' un teatro scritto per non essere messo in scena, in un momento in cui il teatro, peraltro, non c'era... anche se poi Brecht ha avuto la possibilità di portarlo in scena; inoltre, dice lo storico del teatro, il suo concetto di "straniamento", in realtà forse è ancora ignoto e non praticato: c'è stato un periodo in cui tutti erano fanatici dello straniamento e non volevano più le teorie stanislawskijane, ma nessuno aveva ben capito cos'era: il pubblico non si deve immedesimare? oppure non deve sapere come va a finire?

Poi la parola è stata ceduta a Eugenio Incarnati, fondatore di Teatrabile (ass. culturale di L'Aquila), il quale ha detto che per lui, che è un regista, Brecht <<serve>>, dando così al drammaturgo tedesco più un significato pratico-estetico che non filosofico e sfatando quindi il tabù che si è creato intorno alla domanda "Perchè Brecht". Poi ha aggiunto che ogni regista ha il "suo" concetto di teatro brechtiano. Ne ha dato una dimostrazione proponendo, insieme agli attori Roberto Mascioletti e Alessandra Tarquini un estratto dal suo spettacolo per ragazzi "Storie per errore", in particolare il pezzo dal titolo "Il funerale della volpe", scritto da Gianni Rodari, autore, secondo Incarnati, troppo spesso (ed ingiustamente) dimenticato e in cui egli ritrova degli elementi brechtiani, come i doppi finali e l'utilizzo di materiali drammaturgici di seconda mano.

Tra gli artisti presenti all'incontro, anche Cristiana Alfonsetti che, tra l'altro, ha aperto il convegno proponendo una danza di tip-tap nelle fattezze di una ragazza-scimmia, e Raffaella Di Tizio, attrice nonchè dottoranda presso l'Università degli Studi dell'Aquila con un lavoro su Brecht.